Quando nasce un bambino disabile il destino dei suoi genitori, dei fratelli, cambia per sempre.
Tutti direte, occupano un posto in una famiglia e tutti interagiscono e influenzano la vita di quelli che li circondano. é vero ma è almeno cinque volte più vero per un bambino disabile.
Lo sconvolgimento iniziale, la solitudine in cui si consuma l’ansia del genitore chiamato ad affrontare l’inaffrontabile, sono esperienze che ci cambiano per sempre.
La mia Lulù, prima figlia di genitori non giovanissimi, una bambola bionda sempre sorridente con due occhi sempre rivolti a scoprire quello che la circonda…..e i primi anni, io incredula di quanto andavo apprendendo sulla malattia mi sono fidata di quegli occhi e ho sempre alimentato quella curiosità.
Oggi, mia figlia è una ragazza di 22 anni che esce da sola per piccoli servizi, porta a spasso il suo cane, da sola lo porta dal veterinario fa in autonomia tutte quelle piccole spese che sono la gioia delle ragazze.
Frequenta una scuola di danza per normodotati e una di teatro per ragazzi con handicap e normodotati. Ha amici in entrambe gli ambiti ed ha una vera passione per l’arte in ogni sua forma.
Da due anni frequenta un centro di formazione e avviamento al lavoro per ragazzi con handicap ed ha avviato un tirocinio presso una scuola media, svolge le funzioni del personale ata, ma come dice lei…non ho mica studiato tanto per svuotare i cestini!!!!!
Il suo sogno è occuparsi di bambini, soprattutto se svantaggiati socialmente, culturalmente, geograficamente, lei desidera aiutarli.
Con lo stesso criterio è andata al canile comunale e si è scelta Nerina una cagnetta “incidentata” di cui ha voluto prendersi cura assolutamente e con cui forma una coppia magnifica. Se dovessi dire di mia figlia potrei solo dire che è una ragazza piena di interessi e di amici, la sua vita è piena, affettivamente appagante, naturalmente ci sono momenti difficili in cui il confronto con il suo handicap (di cui lei ha piena consapevolezza) diventa crudele ed emotivamente quasi insostenibile.
Raccontare l’esperienza di essere sua madre è talmente complesso che ci vorrebbe un libro per farlo.
Se mi guardo indietro ripenso ad un lungo cammino, tanti momenti che sono stati decisivi, gli incontri determinanti della sua vita. Cristina la psicologa prima di tutto che ci ha guidati e sostenuti in questo compito difficilissimo, sempre, con intelligenza e con in il cuore per costruire l’architettura del percorso. Grazie a lei, Lulù entra al nido a due anni, non cammina, parla male…. ma sorpresa sorpresa i bambini la capiscono, i genitori sono gentili , le maestre disponibili. Passiamo alla materna…. il miracolo si ripete……sempre con Cristina vicino, un nuovo mondo Lucrezia parla, gioca con gli altri bambini, partecipa persino alle recite. Alle elementari ci andiamo tutti insieme e per di più troviamo un terno fantastico Floriana, Manuela e Cona tre persone, non solo con una preparazione eccellente per lo svolgimento del loro lavoro ma con una qualità umana assolutamente straordinaria.
Alle medie non va altrettanto bene siamo un gruppetto, la qualità dell’insegnamento è scadente…per tutti, quella dell’educazione peggio. Ma restano gli amici…. le superiori…un viaggio nel deserto…….. ma…..
Lucrezia in seconda media mi mette in croce per iscriversi ad un corso di hip – hop con le sue amiche…vado …. faccio fatica a distinguere l’insegnante dalle ragazzine …Francesca si chiama, l’accoglie e si informa…semplicemente su cosa può fare e cosa è meglio evitare. Dopo 10 anni Francesca e Gianluca dirigono la scuola, Lucrezia ancora balla con loro e loro la trattano come una sorellina più piccola, lei ci parla, ci si confida, a volte ci discute…proprio come avviene tra fratelli.
La scuola di danza diventa la seconda casa di Lucrezia.
Sono ventidue anni che mi sveglio ogni mattina con lo stesso pensiero: Cosa deve fare oggi Lucrezia!
Ogni santo giorno devo controllare che abbia svolto in maniera adeguata le sue attività di cura personale, dargli dei vestiti appropriati per l’attività che deve svolgere e predisporre eventuali cambi, prendere accordi affinchè lei riesca a svolgere le sue attività con la maggiore autonomia possibile.
Ogni giorno devo preparale pasti adeguati al suo standard nutrizionale facendo sembrare tanto il poco.
Ogni sera l’ultimo gesto della giornata è aiutarla a prepararsi per la notte.
La mia vita trascorre nell’organizzazione della regia di questa sua vita, perché sia per lei appagante, perché possa anche lei godere di quel tanto e quel poco che ad ognuno è concesso.
Il mio rammarico è per mio figlio al quale sento di aver tolto molto.
(Fabrizia)